Territori indigeni autonomi ed ecoturismo nell'Amazzonia boliviana: opportunità e ostacoli
La Bolivia è un paese in Sud America conosciuto per le sue alte montagne, altopiani e laghi di sale che formano parte della Cordigliera delle Ande. Tuttavia circa il 65% del territorio del paese forma parte della grande regione amazzonica americana, con boschi e selve tropicali, montagne e colline, lagune e zone umide. L’Amazzonia boliviana è una delle regioni con maggiore biodiversità del pianeta e si trova nella parte settentrionale del paese; comprende una gran parte del bacino amazzonico, dove esistono diverse aree protette, parchi nazionali e territori indigeni, adatti all’ecoturismo. La cittadina di Rurrenbaque è uno dei principali accessi alle aree protette e ai territori indigeni. A Rurrenbaque si può arrivare in aereo in un’ora dalla capitale La Paz, ci sono vari operatori turistici che offrono percorsi nella selva, escursioni per osservare gli uccelli, uscite in canoa e l’opportunità di esplorare le culture indigene locali, situate per esempio nella Riserva della Biosfera e Terra Comunitaria di Origine Pilón Lajas, e nel Parco Nazionale Madidi.
L’ostello ecosostenibile Chalalán
Tra le principali imprese ecoturistiche in Bolivia, situato all’interno del Parco Nazionale Madidi, troviamo l’ostello a basso impatto ambientale Chalalán: pioniere nel suo campo, costituisce il risultato dello sforzo di una comunità indigena amazzonica remota, che gode di una vita in autonomia, lontana dalla civilizzazione occidentale. Questo ostello è uno dei casi più riusciti di ecoturismo comunitario e indigeno, non solo della Bolivia e dell’America Latina, ma del mondo. Cerchiamo di capire perché. L’ostello ecosostenibile appartiene al popolo indigeno Uchupiamonas, e la comunità che riunisce questo popolo è situata nel territorio indigeno contadino originario (TIOC) chiamato San José de Uchupiamonas che ha una superficie di 210.055 ettari (Fundación TIERRA, Informe 2010), anch’esso di proprietà ufficiale del Popolo Indigeno di San José de Uchupiamonas. Sia il Chalalán che il territorio indigeno che lo accoglie, sono nel cuore del Parco Nazionale Madidi (PNM) creato nel 1995. La superficie del parco è di 1.895.740 ettari e costituisce una delle aree protette più grandi della Bolivia. Per arrivare all’ostello comunitario Chalalán si naviga per sette ore sui fiumi Beni e Tuichi, in piccole barche con motore fuori bordo partendo dalle cittadine di Rurrenabaque o di Sanbuenaventura. Nella stagione secca si può raggiungere anche via terra fino a Tumpuasa e da lì esiste una deviazione di 35km che arriva al settore centrale della comunità di San José de Uchupiamonas. Il caso del Chalalán è particolarmente interessante per il ruolo della comunità indigena nell’accesso e gestione del suo territorio: in primo luogo, questo è uno dei pochi casi nei quali la comunità ha gestito e finanziato la determinazione del proprio territorio senza appoggio esterno; inoltre si tratta di un’impresa comunitaria che ha generato un notevole impatto economico, sociale e ambientale all’interno del Parco Nazionale Madidi, riconosciuto sia in Bolivia che fuori dal paese, essendo la prima impresa moderna di ecoturismo indigeno, gestita da un’intera comunità. Si tratta della prima eco-attività nel paese in cui la comunità indigena è proprietaria al 100%. L’azienda in questo modo ha creato molti posti di lavoro e inoltre promuove la produzione artigianale e agricola della comunità; in questo modo è riuscita a stabilire un’economia secondaria che contribuisce al miglioramento delle condizioni di vita della comunità (Conservacion Internacional 2002). Il caso in questione inoltre è un esempio di successo per il modo pragmatico in cui un popolo indigeno ha sfruttato le leggi e la tendenza globale a favore dei popoli indigeni negli anni Novanta, riuscendo a ricavare benefici dal trend emergente dell’ecoturismo, e definendo il suo territorio per assicurare protezione giuridica, sia al terreno che all’impresa. È stata senza dubbio questa sicurezza a livello legale sul territorio Uchupiamonas che ha permesso al Chalalán di consolidarsi come impresa e di trasformare una comunità con scarse risorse in una popolazione con una prospera economia e un evidente impatto sociale e ambientale.
Caratteristiche demografiche e culturali della popolazione di Chalalán
Per molti decenni gli Uchupiamonas hanno vissuto isolati, a causa della mancanza di mezzi di trasporto verso le città. Nazaro Hualico, un professore della comunità, racconta la grande difficoltà che avevano gli Uchupiamonas negli anni Sessanta del secolo scorso per comunicare con il resto del mondo: tre giorni di navigazione sul rio Tuichi fino alle località di Sanbuenaventura o Rurrenbaque. Nonostante le difficoltà a relazionarsi con il mondo esterno, la vocazione di questo popolo verso il turismo comunitario ecologico cominciò a delinearsi già da allora, quando membri della Comunità Uchupiaona lavoravano impiegati in imprese turistiche gestite da stranieri (Limaco 2013). Attualmente il 100% delle famiglie sono proprietarie dell’azienda: hanno acquisito questo diritto occupandosi personalmente della costruzione dell’infrastruttura. Allo stesso modo si sono sviluppate attività economiche dirette allo sfruttamento dei prodotti forestali non legnosi. In questo modo la comunità produce e intaglia maschere con forme zoomorfe, cesti di foglie di palma, gioielli con semi come l’avorio vegetale e cartoline di carta riciclata. Inoltre si sono sviluppate attività di agricultura sostenibile appoggiando orti organici familiari, coltivazione di agrumi, cacao e caffè. Tutta questa produzione è destinata a migliorare le condizioni alimentari e limitare il più possibile l’agricoltura estensiva. In questo contesto, la ricaduta economica è direttamente sulle famiglie, nel senso che ogni famiglia è proprietaria di azioni nell’impresa Chalalán (Conservación Internacional 2002). Attualmente, grazie all’Impresa Chalalán, la comunità ha accesso a tutti i servizi basici, i giovani hanno accesso alla scuola primaria e molti di loro studiano nelle località di Ixiamas o Rurrenbaque. Inoltre come risultato del successo economico, vari membri della comunità hanno un titolo professionale e inoltre hanno seguito corsi in diversi paesi per lavorare nell’eco-ostello. Infatti la storia dell’accesso e dell’uso del territorio degli Uchupiamonas è strettamente legata all’evoluzione del tema del turismo ambientale, che iniziò a svilupparsi in questa regione a partire dagli anni ‘80.
Eco Lodge San Miguel del Bala
Sempre all’interno del Parco Nazionale Madidi, ma in luogo molto più accessibile, si trova l’Eco Lodge San Miguel del Bala, che appartiene alla comunità del popolo indigeno Tacana, che porta lo stesso nome. La comunità di San Miguel del Bala si trova a 45 minuti in barca da Rurrenbaque. Questo eco-lodge è stato costruito con metodi e obiettivi simili a quelli di Chalalán. Soprattutto nel primo caso le leggi ambientali a partire dal 1995 non permettevano attività di sfruttamento del territorio nei parchi nazionali per proteggere l’ambiente. Inizialmente questa fu una decisione scomoda per gli indigeni Tacana originari del luogo, poiché consideravano che questa legge fosse un’intromissione del governo della Bolivia nel loro territorio. Il tema di discussione era sulle antiche tradizioni di caccia e agricole della comunità di San Miguel, messe in pericolo dalla formazione del Parco Nazionale Madidi. Nonostante altri popoli indigeni abbiano continuato le attività di sfruttamento del territorio come il taglio degli alberi, la caccia, la deforestazione per l’agricoltura, la comunità di San Miguel del Bala decise di cercare alternative più sostenibili, come l’ecoturismo. Attualmente le 35 famiglie che formano parte di San Miguel sono coinvolte nel progetto ecoturistico San Miguel del Bala. Inoltre, i membri della comunità si dedicano principalmente alla pesca, alla caccia controllata, all’agricoltura e all’elaborazione di medicine naturali e artigianato. Tutto il personale dell’ostello appartiene alla comunità, e comprende personale amministrativo, guide, cuochi e trasportatori. Questa attività, inoltre, ha portato miglioramenti nel campo della salute, dell’educazione e dei servizi di base. Tra le attività che per esempio si possono realizzare a San Miguel del Bala troviamo l’apprendimento degli antichi metodi di caccia dei Tacana e delle piante medicinali, oltre al godere della tranquillità dei suoni della selva, in condivisione con la comunità.
Ostacoli per l’autonomia delle comunità che vivono nel Parco Nazionale Madidi
Il successo dei casi di Chalalán e San Miguel del Bala dimostrano che l’ecoturismo è un’attività sostenibile che favorisce la tutela dell’ambiente. Tuttavia, non bisogna creare una visione romantica di un mondo indigeno idilliaco dove le comunità funzionano in modo autonomo, dato che i progetti sarebbero stati difficilmente realizzabili senza l’appoggio della cooperazione internazionale e delle ONG ambientaliste. D’altra parte, esistono una serie di fattori che potrebbero o forse hanno già ostacolato le attività ecoturistiche, come la corruzione tra alcuni dirigenti indigeni, attività minerarie in zone vicine che inquinano i fiumi con il mercurio e l’intervento costante del governo nei territori indigeni, in contraddizione con ciò che dice la Costituzione boliviana, che è una delle più radicali al mondo sul tema dei diritti dei popoli indigeni nell’autogestione dei propri territori ancestrali. Tra gli ostacoli citati, il più pericoloso al momento è l’estrazione mineraria dell’oro, dato che si tratta della seconda esportazione più importante della Bolivia e il Parco Nazionale Madidi è diventato una delle zone principali di questa attività. Nonostante ci sia un’area protetta di quasi 19.000 km² e uno degli indici di biodiversità più alti d’America, ogni anno le operazioni minerarie si estendono all’interno del parco. Questa attività rappresenta per il paese un’entrata di oltre un miliardo di dollari all’anno e la creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro.