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"Siamo state tutte". 33 anni del Centro Veneto Progetti Donna

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«Il Centro Veneto Progetti Donna - Auser è un’associazione di donne ed esercita in via esclusiva o principale, senza scopo di lucro, una o più attività di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale con l’obiettivo di rimuovere ogni forma di violenza psicologica, fisica, sessuale ed economica alle donne e ai minori, italiani e stranieri, all’interno e fuori la famiglia, approfondendo la ricerca, la riflessione, il dibattito, promuovendo e svolgendo la formazione, implementando e gestendo azioni/progetti e servizi, ispirandosi alla Carta dei Valori, allo Statuto e al Codice Etico della rete nazionale Auser». Queste sono le parole con cui si apre lo Statuto del Centro Veneto Progetti Donna (CVPD), e che racchiudono i nostri principi e la nostra mission. Così spiega Anna Arvati, una delle prime operatrici, il motivo della presenza del termine «progetti», all’interno del nome del CVPD: «Per fornire una risposta a un fenomeno è necessario prima di tutto studiarlo. Secondo me era importante che il Centro avesse una vocazione alla ricerca, permettendoci poi di elaborare progetti adeguati. Il Centro nella sua definizione di Statuto prevede la formazione e l’informazione attraverso resoconti periodici. Quando l’Associazione si è costituita avevamo espresso la volontà che fosse capace di spaziare su due livelli: operativo e culturale». Le due anime che tuttora convivono.Il CVPD «un’associazione di donne», questo sta a significare che è un luogo fatto da donne e per le donne, dove la «sorellanza» è una pratica quotidiana di riconoscimento nell’altra. Il Centro nasce a Padova l’8 marzo del 1990 da un gruppo di donne sindacaliste che volevano arginare il problema delle molestie sul luogo di lavoro ma fin da subito le chiamate che ricevono raccontano per la maggioranza, di un incubo quotidiano, non conosciuto che parla di maltrattamenti e percosse dentro le mura domestiche. Da quel momento fino ad oggi il Centro ha lavorato per accogliere le richieste di migliaia di donne che volevano uscire dalla violenza nelle relazioni intime.

Il Centro Donna oggi

Il Centro Veneto Progetti Donna oggi è composto da 5 Centri antiviolenza (Padova, Rubano, Piove di Sacco, Este e Cittadella) e 8 sportelli (Padova, Abano Terme, Conselve, Camposampiero, Cadoneghe, Vigodarzere, Solesino, Borgo Veneto), 5 case rifugio, un numero verde 800. 81.46.81 gratuito aperto dalle 8 alle 20.00 dal lunedì al venerdì, oltre 40 operatrici specializzate, psicologhe, esperte in diritti umani, avvocate e volontarie, e accoglie più di 1000 donne l’anno con i loro figli/e minori; organizza centinaia di eventi di sensibilizzazione, incontra durante l’anno più di 1000 studenti/esse nei percorsi di formazione e prevenzione nelle scuole.Il CVPD è il Centro di riferimento in materia di prevenzione e contrasto al fenomeno della violenza maschile contro le donne non solo per la città di Padova, ma anche per tutta la Provincia. È riconosciuto dalla Regione Veneto e dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il quale è referente territoriale del Numero Verde 1522.Il Centro è un luogo in cui le donne possono trovare ascolto, attenzione, rispetto, sostegno. Si comprendono, infatti, attività di: ascolto, sostegno psicologico, sostegno legale, orientamento all’inserimento lavorativo e sociale, empowerment e sviluppo competenze, gruppi terapeutici, rete con i servizi socio-sanitari e le altre istituzioni coinvolte. Dalla sua nascita ad oggi, il Centro Antiviolenza ha sostenuto oltre 11.500 donne. Sono state 1.127 nel 2022. Sono tantissime, ma rappresentano una piccola percentuale di tutte coloro che vivono situazioni di violenza. Infatti solo poche hanno il coraggio di uscire dal silenzio e dalla paura.

Per condividere qualche dato in più, rispetto al 2022, delle 1127 che hanno richiesto e trovato aiuto presso il Centro Veneto Progetti Donna – Auser, 494 di loro hanno figli/e minori, per un totale di 786 bambini e bambine. 15 donne con 14 figli/e minori sono state accolte nelle case rifugio, mentre 22 donne con 13 figli/e minori sono state accolte in emergenza. Le donne di cui si è rilevata la nazionalità sono 1.079. Di queste, il 73%, sono di nazionalità italiana e il restante 27% invece sono di nazionalità straniera. Il fenomeno della violenza contro le donne è trasversale a tutti i segmenti di popolazione: interessa infatti, tutte le fasce d’età, persone provenienti da tutti i contesti sociali, sia disoccupate sia occupate in diversi settori e con diversi gradi di istruzione, così come ampiamente dimostrato dai dati raccolti durante gli anni dal CVPD. Per quanto riguarda invece il 2023, sono 920 le donne che si sono rivolte al Centro Veneto Progetti Donna fino a ottobre di quest’anno, il 73% sono italiane. 34 donne con 35 minori sono state accolte in emergenza e 17 donne con 14 minori sono accolte nelle case rifugio di Padova e provincia. Dobbiamo, inoltre, sottolineare l’importante aumento di nuove richieste nelle ultime settimane di novembre, dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, dove in soli 10 giorni sono state 86, triplicando di fatto il dato medio giornaliero pre evento.

La rete intorno al CVPD

Nel 2012 il Centro Veneto Progetti Donna entra a far parte attivamente dell’associazione nazionale D.i.Re «Donne in rete contro la violenza» , la quale si definisce «la prima associazione italiana a carattere nazionale di Centri antiviolenza non istituzionali e gestiti da associazioni di donne che affronta il tema della violenza maschile sulle donne secondo l’ottica della differenza di genere, collocando le radici di tale violenza nella storica, ma anche attuale, disparità di potere tra uomini e donne nei diversi ambiti sociali».

Oggi l’associazione nazionale D.i.Re raccoglie più di 80 organizzazioni che gestiscono 106 Centri antiviolenza e più di 60 case rifugio, accogliendo ogni anno circa 21 mila donne.L’Associazione nazionale basa il suo operato sull’esperienza delle realtà locali e ha lo scopo di costruire un’azione politica nazionale che sappia promuovere il cambiamento culturale fondamentale per il contrasto e il superamento della violenza maschile sulle donne.Le azioni di D.i.Re sono orientate a rendere visibile il fenomeno della violenza maschile sulle donne, modificando nella società la percezione della sua entità e gravità per riconoscerlo come una grave violazione dei diritti umani, attraverso:· azioni per la visibilità della metodologia e dell’attività dei Centri antiviolenza presenti sul territorio nazionale,· iniziative per diffondere conoscenza del fenomeno della violenza, · progetti di ricerca, in un’ottica di riflessione sulle esperienze e di formazione continua e diffusa per i Centri e per il territorio. L’associazione nazionale D.i.Re è interlocutrice delle istituzioni nazionali e internazionali, anche per l’elaborazione o la modifica della normativa relativa ai diritti delle donne, forte del proprio patrimonio di conoscenze, di elaborazioni ed esperienze acquisite in tanti anni dai Centri antiviolenza. Le organizzazioni aderenti a questa rete condividono la stessa metodologia e principi, ovviamente con le differenze date dal territorio nel quale agiscono. Il Centro Veneto Progetti Donna, inoltre, fa parte dal 2014 di IRIS, il Coordinamento dei Centri antiviolenza del Veneto, insieme a: Belluno Donna di Belluno, la Cooperativa Iside di Mestre, Donna chiama Donna di Vicenza, Spazio Donna Di Bassano e Telefono Rosa di Treviso e Verona. Questo coordinamento ha una duplice finalità: da un lato consolidare le prassi operative nel contrasto alla violenza di genere, dall’altro rafforzare la capillarità e la diffusione dei servizi offerti alle donne sul territorio. Come per il caso di D.i.Re, anche in questo coordinamento i centri antiviolenza aderenti hanno in comune la metodologia della relazione tra donne. Il Centro ha promosso e collabora attivamente all’insegnamento «Violenza contro le donne e diritti umani» istituto nel Corso di laurea triennale Scienze politiche, relazioni internazionali, diritti umani dell’Università di Padova e al laboratorio «Comunicare la violenza contro le donne alla cittadinanza e alla scuola che si tiene all’interno del medesimo Corso di studi. Il Centro, inoltre, collabora da anni con il Centro Interateneo per i Diritti Umani A. Papisca dell’Università di Padova.

La mission, la metodologia

Ogni giorno al CVPD con il nostro lavoro cerchiamo di rendere questo spazio un luogo sicuro, vivo, fatto di relazioni forti, dove ogni donna, operatrice e non, può reggersi sull’altra e sentirsi meno sola. Il Centro antiviolenza è anche uno spazio politico, un presidio sul territorio che tutti giorni combatte il patriarcato e le disuguaglianze di genere. Per noi, infatti, sono importanti alcuni concetti chiave: accoglienza, ascolto empatico e non giudicante, garanzia della privacy e dell’anonimato, rispetto dei tempi della donna, condanna di tutte le forma di violenza, percorsi personalizzati, sostegno alla donna in ogni sua scelta, costruzione di una rete che supporta la donna, gratuità dei servizi offerti, promozione dell’empowerment, dell’autonomia e dell’autodeterminazione delle donne. Il Centro Veneto Progetti Donna vuol essere il punto di riferimento nella provincia di Padova per il contrasto al fenomeno della violenza sulle donne, attraverso un approccio complesso che si contraddistingue per competenza e professionalità e promuove l’educazione alla libertà femminile. L’attività del Centro Veneto Progetti Donna si svolge principalmente in due macro-aree: la prima il contrasto alla violenza intra ed extra familiare attraverso azioni di accoglienza e ospitalità della donna, la seconda è la promozione alla riflessione e il dibattito per il cambiamento culturale, la sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno.Il Centro, dall’accoglienza alla presa in carico e gestione dei casi, basa la sua attività sul presupposto che la donna è un soggetto attivo in grado di essere artefice del proprio cambiamento personale e relazionale. L’accoglienza si articola in queste attività: consulenza psicologica, consulenza legale, invio e accompagnamento ai servizi territoriali, accoglienza in emergenza e nelle case rifugio, linea telefonica gratuita al numero verde 800.81.46.81. Attraverso l’accoglienza in struttura possiamo offrire protezione alle donne e ai loro figli e figlie minori che subiscono violenza. Nelle case le donne trovano operatrici esperte che offrono loro sostegno emotivo e pratico nel delicato momento di passaggio e cambiamento. Al fine di assicurare il più possibile una continuazione di vita regolare, alle donne madri di figli minori sono garantiti: un supporto per l’iscrizione e la frequentazione della scuola dell’obbligo, il servizio di babysitteraggio quando le donne ospiti delle Case ne hanno necessità e il supporto nel sostentamento e nella fornitura di beni di prima necessità.L’attività rivolta all’esterno del Centro è caratterizzata da: eventi di sensibilizzazione rivolti alla cittadinanza, creazione di campagne di sensibilizzazione, formazioni nelle scuole, formazione degli attori coinvolti nella rete dei servizi di contrasto alla violenza sulle donne, scrittura di progetti per bandi di finanziamento, raccolta dei dati per uno studio del fenomeno sul territorio, stipula di convenzioni e protocolli operativi con le Istituzioni.

Tutto quello che abbiamo da dire

Mentre scriviamo queste righe viviamo un periodo storico di apparente cambiamento rispetto all’approccio della società al fenomeno della violenza maschile sulle donne. Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin è successo quello che noi attiviste dei Centri antiviolenza speravamo da anni, cioè che il tema entrasse nel dibattito politico non più solo come fatto di cronaca ma anche facendone emergere tutta la complessità, andando a svelare quali sono in effetti le gravi carenze dell’apparato pubblico nell’affrontare il fenomeno. Di fatto le potenti parole dei familiari di Giulia, la sorella Elena in primis, e il padre Gino poi, hanno permessodi sdoganare alcune parole che per noi attiviste stanno alla base della lettura corretta del fenomeno. La prima è patriarcato, ossia la struttura sociale e culturale che da millenni pone le donne in una condizione di discriminazione e subordinazione rispetto agli uomini, tanto nella sfera privata quanto in quella pubblica. Il patriarcato è la cultura di cui si nutre il fenomeno della violenza maschile e destrutturare il patriarcato in tutte le sue accezioni è l’unica soluzione per fare in modo che si crei una società rispettosa delle differenze, anche di genere. Il secondo concetto, espresso da Elena Cecchettin parlando del femminicida della sorella, riguarda la normalizzazione dell’uomo violento. Lei dice che l’uomo violento non è un malato, ma figlio sano del patriarcato. Con questa frase, che è uno slogan sessantottino, Elena è riuscita a ricondurre la narrazione del fenomeno dentro il giusto quadro, andando così a colpire dritto al cuore del problema e a ricondurre alla trasversalità del fenomeno che di fatto coinvolge tutti e tutte e che non può o deve essere ascritto a forme di patologizzazione. Queste parole hanno sicuramente dato uno scossone rispetto a una narrazione che fino a quel momento era a appannaggio dei media che di violenza hanno sempre parlato in modo scorretto. Parole che hanno suscitato molte critiche, anche violente, a conferma di quanto il patriarcato sia ancora tra noi, e che hanno costretto molte persone a porsi delle domande e a pensare a come smontare queste dichiarazioni, raramente riuscendoci in modo convincente o costruttivo. Siamo sicuramente in un tempo nuovo, dove è importante non perdere l’occasione di dire tutto quello che abbiamo da dire, e usare la parola come strumento per convincere e decostruire una narrazione che non ci rappresenta, ben consapevoli però che il backlash del patriarcato potrebbe arrivare molto forte. Per questo abbiamo bisogno che chi si riconosce nelle parole di questa narrazione alternativa faccia da cassa di risonanza di un messaggio che ha rotto il muro del silenzio e adesso non deve far altro che propagarsi. Siamo consapevoli che nessuna persona è esente, che la violenza patriarcale è una realtà, alle volte occultata e sommersa, che permea gli ambiti di tutte le nostre vite: dai posti di lavoro, di studio, di aggregazione, alle nostre relazioni intime.In Italia in media una volta ogni tre giorni questa violenza sfocia in gesti estremi come il femminicidio, ma questi non sono casi isolati, sono segnali di un sistema marcio dalle radici: siamo tutti/e coinvolti/e direttamente e indirettamente su vari livelli e c’è una responsabilità collettiva nel rimanere vigili, ma anche nell’essere proattivi/e verso il cambiamento. Facciamolo insieme.