L'Università Popolare Autogestita (UPA): una nuova esperienza di creazione e mobilitazione dell'autoapprendimento collettivo
La storia del movimento libertario ci insegna che l’educazione è sempre stata uno dei fronti di lotta per realizzare l’emancipazione delle classi lavoratrici e popolari, per una trasformazione radicale della società. Potremmo dire che, a partire dalla fine del XIX secolo, l’anarchismo ha proposto e sviluppato molteplici proposte ed esperienze che hanno seminato semi di speranza e utopie educative che germogliano periodicamente, soprattutto in tempi bui e turbolenti come quelli attuali. In questo articolo vogliamo parlare di un’esperienza nata nel 2021 a Barcellona che, pur non essendo affatto inedita, si inserisce nel rinnovato interesse per la pedagogia libertaria che sta crescendo oggi nel territorio della Catalogna. Un territorio dove lo sviluppo della dimensione politica ed eversiva della pedagogia ha avuto un percorso storico importante, soprattutto a partire dalla creazione della Scuola Moderna di Francesc Ferrer i Guàrdia nel 1901. Stiamo parlando dell’Universitat Popular Autogestionada (UPA), un nuovo progetto incentrato sulla formazione degli adulti, che si articola mettendo in discussione il modello accademico convenzionale: specializzato (in cui il lavoro intellettuale è separato da quello manuale), decontestualizzato (lontano dall’applicazione pratica), frammentato (tra le varie discipline) e servile agli interessi del capitalismo neoliberista che colonizza il mondo universitario. L’ascesa del fascismo e le molteplici espressioni di odio negli ultimi anni, dice uno dei membri dell’UPA, ci mostrano che abbiamo bisogno di strumenti che non mirino a creare un buon posto nel mercato globale, ma che servano a contrastare la sovra-informazione e le fake news, ad esempio, poiché generano un disorientamento paralizzante. È necessario educarsi per scoprire, inventare e imparare come attaccare il sistema e trasformare radicalmente una società escludente, diseguale e terrificante. Così l’UPA nasce dalla vocazione di rendere comune la capacità di autoapprendimento delle persone e in particolare dei movimenti sociali, vale a dire di collettivi e persone che hanno una vocazione di trasformazione dell’ambiente, dell’economia, della politica, della cultura e, logicamente, anche delle modalità di apprendimento. Secondo i membri dell’UPA, Kropotkin avvertiva e ricordava ai lavoratori che per fare la rivoluzione erano necessari gli ingegneri e non tanti scienziati sociali, economisti, sociologi, ecc. Per questo Paul Robin scrisse e promosse il «Manifesto per i sostenitori di un’educazione integrale» (1893) in cui difendeva un’educazione capace di formare in modo armonico tutti gli aspetti dell’essere umano. Questa idea è valida ancora oggi: è necessario formare persone pratiche in modo intelligente, cioè generare conoscenze pratiche e sviluppare pratiche con conoscenza per formare soggetti consapevoli della loro condizione e competenti nella rivoluzione. Quindi, di fronte all’attuale necessità di formare le classi popolari e operaie, e anche i militanti e i membri dei movimenti sociali in un nuovo contesto e in una nuova fase del capitalismo, l’UPA si ispira alla lunga tradizione libertaria dell’educazione degli adulti sviluppata in Catalogna nel corso del XX secolo. Uno dei principali riferimenti di questa tradizione è l’Ateneu Enciclopèdic Popular (AEP), creato nel 1902 a Barcellona: uno spazio di dibattito, di militanza e di documentazione del movimento anarchico ancora attivo, e che all’epoca era anche un’università popolare pensata proprio per formare e generare processi di autoapprendimento tra le classi lavoratrici. D’altra parte l’ispirazione per l’UPA arriva anche dalle Università Popolari di Abya Yala (Colombia, Messico, Argentina, Cile, Brasile ecc.) un territorio dove troviamo molteplici processi di autogenerazione della conoscenza. In realtà, come riconoscono i membri dell’UPA, questo si riflette nella composizione stessa del collettivo fondatore, un mix diversificato e impegnato di militanti tra i quali non mancano persone provenienti da queste regioni. Sono soprattutto loro a riconoscere l’importanza di spazi di formazione come questo. Tuttavia, l’UPA non è il primo spazio di formazione per adulti creato a Barcellona negli ultimi decenni. Allo stesso modo, la conoscenza e il riconoscimento di questi antecedenti e la trasmissione della loro memoria hanno permesso di migliorare l’approccio e sviluppare un progetto che, finora, sta funzionando. Parliamo, ad esempio, dell’UPAC - Università Popolare Autogestita della Catalogna - una precedente esperienza nata sull’onda del 15M (Movimento degli Indignados iniziato a Barcellona, sigla che prende il nome dal giorno di inizio delle proteste, il 15 maggio 2011 NdT) che ha riunito decine di persone per quasi due anni per riflettere su un nuovo modello formativo per gli adulti. Come afferma uno dei membri dell’UPA, uno dei motivi del fallimento del progetto dell’UPAC è stato dedicare tanto tempo e impegno alla parte meta-universitaria, cioè a pensare e discutere che tipo di apprendimento avrebbe dovuto proporre, che tipo di università, che tipo di struttura gestionale, chi avrebbe svolto dei compiti e chi no, quali obiettivi avrebbe avuto, ecc. I processi di definizione e le questioni burocratiche sono stati troppo lunghi e, seppur necessari, hanno bloccato e paralizzato l’avvio del progetto che non è mai venuto alla luce. A differenza dell’UPAC, l’UPA nasce dall’azione, cioè dalla volontà mirata e applicata di generare spazi di autogestione e di scambio di conoscenze senza la necessità di definirli nel dettaglio, purché siano coerenti con i valori dell’emancipazione collettiva. Nelle prime fasi del progetto e grazie alle conoscenze e alle esperienze pregresse, si concorda che la pratica abbia la precedenza sulla teoria che, però, è necessaria per far durare il progetto, almeno fino ad oggi. L’UPA inizia quindi offrendo moduli formativi di poche sessioni che rispondono ai seguenti quattro principi:
- Togliere la conoscenza dall’accademia, ovvero mettere in discussione il suo monopolio sulla produzione della conoscenza e infrangere le divisioni di specializzazione;
- Realizzare corsi che all’interno dell’accademia sono molto costosi e offrirli a un prezzo più popolare e più basso;
- Offrire l’accesso all’università alle classi popolari affinché possano accedere a conoscenze specializzate ed elaborate;
- Disertare dalla logica accademica e distruggere la prigione epistemologica che colonizza e schiavizza tutte le menti, soprattutto quelle che provengono dal mondo universitario. Ecco perché la decisione e la preparazione dei corsi offerti dall’UPA rispondono a criteri che rompono con l’idea dell’esperto che insegna agli studenti ignoranti, e che sono coerenti con l’idea di produzione collettiva e di autoapprendimento in cui tutte le persone hanno qualcosa da offrire, qualcosa da insegnare e da imparare. E un altro criterio: è urgente concretizzarlo al più presto. Poiché convalidare altri modi di generare conoscenza mette anche in discussione il monopolio dell’accademia sulla certificazione e legittimazione dei formatori. I corsi offerti quindi non hanno bisogno di formatori con qualifiche, ma vengono sviluppati nel caso in cui vengano soddisfatti questi quattro criteri:
- Elevato interesse e forte carattere emancipatore dei contenuti;
- Presenza di una pluralità di voci partecipanti al corso;
- Esistenza di una diversità significativa nel profilo dei formatori;
- Coerenza e varietà dei formati con cui vengono svolte le sessioni. Questi criteri permettono di definire quali corsi verranno svolti, corsi che nel tempo hanno adottato una struttura standard compresa tra sei e otto sessioni di due ore ciascuna, pur con flessibilità negli orari e nel numero delle sessioni. Va detto che l’UPA riceve decine di proposte all’anno da parte di persone interessate a condividere conoscenze e programmare un percorso tematico, e questi criteri consentono di prendere decisioni al momento di articolare diversi assi strategici o tematici. Finora sono stati offerti corsi come: Donne e lotta di classe; Musica con pensiero critico; Love lab o altri amori per il femminismo; Urbanistica sovversiva. Tra produzione e appropriazione della città; Giustizia trasformativa. Un mondo oltre la polizia e le carceri; Città e anarchismo; Resistenza al sistema coloniale; Comunità antagoniste, cimarroni e rivolte nei secoli XVII e XVIII; Democrazia comunale. Comunalizzare la vita oltre il capitale; Ecologia politica; Studi Urbani. La città dal basso; Studi antirazzisti. Il razzismo come struttura. Un approccio storico, materiale e anticoloniale. Il processo attraverso il quale vengono realizzati questi corsi è spiegato di seguito: una o più persone inviano una proposta di corso al comitato tecnico dell’UPA spiegando il tema generale e gli obiettivi, il calendario delle diverse sessioni, i partecipanti alla formazione, la metodologia e il luogo in cui realizzarle. La commissione tecnica valuta la proposta e la scarta se non è conforme ai criteri che abbiamo menzionato, o dà suggerimenti migliorativi. Una volta chiusa la proposta, viene progettato un piano di comunicazione congiunto. Se dopo un po’ si raggiunge un numero di iscritti sufficiente a pagare i formatori e le eventuali spese, il corso viene realizzato: la persona che ha proposto il corso e un membro competente della commissione tecnica sono responsabili che il corso venga realizzato come proposto. Inoltre vengono incorporati processi di valutazione e autovalutazione collettiva e si tengono in considerazione le circostanze personali degli interessati nel momento di decidere le tariffe del corso; che variano se necessario, cercando di mantenere l’equilibrio tra ciò che percepiscono i formatori e ciò che pagano gli iscritti. Nel caso di chi scrive questo articolo, l’esperienza è che viene proposto alla commissione tecnica dell’UPA (per il primo trimestre dell’anno accademico 2023-2024) un corso di formazione su passato, presente e futuro della pedagogia libertaria. Attraverso le prospettive politiche, storiche e pedagogiche si articola una formazione che si conclude con una sessione aperta in cui si propone ai partecipanti di seguire il processo di autoapprendimento collettivo realizzando alcune azioni di continuità. Se ne propongono tre: la creazione di un archivio aperto con risorse educative in una prospettiva libertaria; la stesura e la pubblicazione di testi pedagogici sulla situazione attuale della pedagogia libertaria; la creazione di giornate in cui pensare e riflettere sull’anarchismo e sull’educazione da diverse angolazioni, esperienze e realtà. Quest’ultima proposta è l’esperienza che si è svolta in due centri sociali della zona di Barcellona dall’11 al 14 luglio 2024 in cui c’è stata, tra l’altro, una potente confluenza di progetti educativi che mirano a costruire l’anarchia anche attraverso l’educazione. Scuole popolari per giovani, scuole autogestite per bambini, pubblicazioni ed editori libertari e spazi collettivi di autoapprendimento per adulti (come l’UPA) hanno condiviso tempo e parole, azioni e riflessioni, in giornate che sembravano necessarie. Ed è proprio in un momento di intensificazione della brutalità capitalista, che l’educazione restituisce speranza a quelli di noi che lottano per un altro mondo, per un’altra vita. Ma è difficile costruire spazi educativi autonomi e comunitari, orientati all’emancipazione, caratterizzati dal pensiero critico e dal sostegno reciproco, dalla consapevolezza politica e dall’azione sociale. Nel caso dell’UPA, il funzionamento dipende dalla commissione tecnica attualmente composta da sette persone che fanno parte anche di altri collettivi e movimenti. All’inizio si tenevano assemblee aperte in cui si ricevevano proposte e si prendevano decisioni tra decine di persone, ma questo rallentava la programmazione dei corsi. Semplificare la struttura consente di essere più efficaci e accettare che il progetto funziona grazie alle persone che vi dedicano ore nella loro quotidianità, e non si limitano a fare proposte o dare idee senza impegnarsi nella gestione; è risultato utile anche abbassare le aspettative per poter affrontare la complessità della lotta contro sistemi educativi e politici così grandi. Secondo i membri dell’UPA, avere così tanto spazio simbolico per costruire nuove forme di istruzione e formazione è una grande opportunità, ma bisogna farlo lentamente, seguendo il ritmo della vita delle persone piuttosto che voler andare al ritmo del sistema, e prendersi cura dei punti di forza e delle realtà personali di coloro che compongono l’UPA. Sovvertire i tempi, mettere la cura al centro, recuperare esempi storici e condividere la conoscenza con altri gruppi e referenti, sono strategie essenziali anche per combattere il capitalismo. In ogni caso, l’autonomia è un valore per cui lottare perché, nonostante comporti complessità e tensioni che vanno accettate e affrontate, apre possibilità inaspettate. Una di queste possibilità è quella di agire anche come parassita dell’accademia, vale a dire riappropriarsi delle sue risorse per organizzare programmi di studio alternativi e radicali, proprio come stanno facendo altri compagni e compagne di lotta. Allo stesso tempo, è necessario mantenere una distanza dall’accademia per concentrarsi sulla produzione di un sapere locale e proprio che parta dall’esperienza, che ci serve a rafforzare la riappropriazione del sapere e della vita, delle condizioni di produzione e distribuzione della ricchezza, la costruzione della società e il rapporto con la natura. Ma va detto che nonostante la quantità di idee e proposte, una delle maggiori difficoltà dell’UPA è lo svolgimento del lavoro tecnico: realizzare excel e inviare email, disegnare manifesti, fare diffusione, prenotare spazi, gestire pagamenti, stampare documenti, ecc. Sono lavori imprescindibili ma anche quelli che si fa più fatica a realizzare, come assicurano i membri della commissione tecnica. Collettivizzare anche questi sforzi è essenziale affinché il progetto funzioni e non dipenda dai personalismi e dai volontarismi che spesso bruciano i progetti dall’interno. Fortunatamente, la realtà è che ci sono sempre più progetti di questo tipo, come l’Università Popolare di Valls (Catalogna), l’Università Phoenix di Valencia, l’Università di Traficantes de sueños (Madrid), la Città Invisibile (Barcellona), Contranarrativas (Messico) che, secondo i membri dell’UPA, sono solo alcuni esempi tra tanti con i quali condividono prospettive. E come affermano, una delle altre cose fondamentali è proprio fare rete con altri progetti, non solo per la formazione degli adulti, ma anche con spazi educativi per giovani e bambini, ecc. In altre parole, tessere – per quanto possibile e secondo le forze disponibili – una rete di infrastrutture in cui sviluppare un compito educativo critico e trasformatore, collegando allo stesso tempo spazi educativi e lotta sociale, potrebbe essere un obiettivo per i prossimi anni. Si tratterebbe, infatti, di una riedizione e di un aggiornamento della rete di atenei operai e di scuole razionaliste che si sviluppò in Catalogna all’inizio del sec. XX, e che senza dubbio ha contribuito a una delle rivoluzioni sociali di più vasta portata della storia europea, quella del 1936. E vogliamo ricordare che in questa rivoluzione l’educazione ha giocato un ruolo fondamentale, come dimostra il progetto del CENU (il Consell de l’Escola Nova Unificada) che generalizzò i principi educativi libertari all’intero sistema educativo e sociale. Ripensiamo collettivamente, allora, a come sviluppare un’educazione libertaria che ci aiuti a immaginare e realizzare la rivoluzione oggi.